Si sente parlare sempre più spesso dell’introduzione di strumenti di apprendimento automatico e di intelligenza artificiale. Siamo ancora lontani da quanto si può leggere nei romanzi di Asimov ma i progressi realizzati grazie all’intelletto umano, questo bisognerebbe sempre ricordarlo, possono anche far piacere.
Per avere un’idea di cosa si tratti, è sufficiente navigare su YouTube per visualizzare i video di Pepper, il robottino capace di conversare, comprendere e reagire alle emozioni, muoversi autonomamente, riconoscere le voci e dialogare. Pepper si occupa ad esempio di accoglienza: in ospedale, sulle navi da crociera, negli aeroporti, nei negozi, negli alberghi, ecc.
Si tratta, in estrema sintesi, di evoluti software preinstallati, che consentono al robottino di svolgere differenti funzioni e di reagire ai vari stimoli esterni nella maniera, apparentemente spontanea, contemplata dal programmatore. Le risposte possono poi divenire via via più precise e personalizzate in base alle informazioni immagazzinate negli incontri precedenti.
Il 3 aprile 2019 “Finanza e Mercati” ha riportato le dichiarazioni dall’ AD di Bnl Andrea Munari circa l’introduzione dei robot e dell’I.A. in banca “sulla base del successo dell’applicazione» per le attività di back office”.
Fin qui tutto bene se non fosse che l’argomento viene ricompreso nel più ampio progetto di riorganizzazione aziendale in cui viene quantificato in 600 addetti il numero delle “eccedenze da far uscire attraverso un piano di esodi volontari, tutti utilizzando ‘quota 100’ o ‘opzione donna’.”
Il tutto è inquadrato in uno scenario di incertezze e prospettive di una temporanea recessione.
Qui finiscono i fatti ed iniziano le riflessioni che non riguardano solo Bnl che sarà certo presto imitata dagli altri istituti di credito.
Il binomio “pensioni a quota 100” e “robotica” appare forzato: le novità introdotte in campo pensionistico sono scaturite dall’esigenza di creare posti di lavoro in rapporto 1 : 1 rispetto ai lavoratori che vanno in quiescenza e non per tagliare, tanto per cambiare, i costi del personale.
Qualsiasi innovazione tecnologica, di cui i robot rappresentano solo la più appariscente delle espressioni, dovrebbe essere rivolta ad agevolare il lavoro degli impiegati e non a sostituirli. L’evoluzione tecnologica andrebbe accompagnata invece da una adeguata formazione del personale che sarà ben lieto di far avvicinare i clienti agli strumenti evoluti in ottemperanza alle direttive aziendali e diventare parte attiva dell’auspicata ripresa economica.
Niente in contrario dunque contro tali rappresentanti del progresso tecnologico. Si spera anzi, che la vita lavorativa di questi robot non sia caratterizzata da black-out, che non saltino come i server, che non si blocchino come le applicazioni che utilizziamo tutti i giorni per rispondere alle esigenze della clientela, che non perdano il collegamento come gli ATM e che non si inceppino come le TARM.
Di sicuro i robottini non risentiranno dello stress causato dalle pressioni commerciali, argomento quest’ultimo molto molto vasto che merita più ampia trattazione.
Ci si domanda, invece: dal momento che i robot hanno il doppio scopo di supportare bancari e clienti, non sarebbe giusto orientare nell’imminente futuro i contratti del settore bancario verso la riduzione dell’orario di lavoro e non verso gli esuberi? Ovviamente, a parità di salario.
E’ necessaria una grande mobilizzazione sociale e in tutto il mondo del lavoro dipendente.
La redazione
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